Rugby: sport bestiale giocato da gentiluomini. Questa è una delle frasi note a chi pratica il nostro sport, ma come tutte le belle frasi spesso resta scritta, o letta, più che praticata. Anche se a tutti fa piacere sentirsi parte di un gruppo di sani principi.
E di solito in campo si vedono tanti scontri, spesso al limite del regolamento e anche il regolamento è spesso al limite della comprensione perché si va a discutere se una entrata a tutta birra su un giocatore che staziona nei pressi di un raggruppamento è un gesto lecito o meno, senza preoccuparsi della botta che arriva di sorpresa su uno senza palla, chiamandola pure “pulizia”, mentre se uno trattiene un giocatore, sempre senza palla, per la maglietta è senza dubbio un fallo vergognoso, o addirittura uno che dà uno schiaffetto alla palla commettendo un “in avanti volontario”, magari impedendo una azione da meta avversaria, prende mesto mesto la via della panca puniti senza nemmeno aspettare il fischio e il cartellino giallo dell’arbitro.
Poi ci lamentiamo se i nuovi spettatori che arrivano in tribuna continuano a ripetere che non capiscono le regole! Una di queste regole è di fatto ancora più complessa: se un gioco pericoloso, tipo placcaggio al collo o su un giocatore che sta saltando e non ha un piede a terra viene indiscutibilmente punito con un cartellino giallo, se il placcaggio è ancora più grave e intenzionale, o addirittura uno sferra un pugno all’avversario, e chiaramente arriva l’espulsione con cartellino rosso alla quale segue una squalifica, ci sono altri falli che meritano un trattamento particolare.
Tra i falli considerati ancor più gravi ne esiste uno che merita un articolo a sé del regolamento di giustizia, un fallo che i vecchi come me ricordano per un fatto successo, e grave, da parte di un giocatore del Brescia, nel giro della nazionale: un morso, quella volta ad un orecchio di un avversario, con relative gravi conseguenze. E così chi viene espulso per “morso” si prende minimo sei mesi di squalifica. Inutile stare a discutere dove, come e perché, tanto sei mesi è il minimo.
E questo è successo al nostro Damiano Cenghialta nella partita contro Tarvisium, per un morso segnalato dal guardalinee, durante un raggruppamento seguente una touche in attacco, con tanto di cassaforte e carrettino, tanto per usare termini correnti, dove di solito chi commette fallo è la difesa che cerca di fermare in qualche modo questa testuggine avanzante. In realtà Damiano il fallo lo ha commesso, bello evidente, afferrando l’avversario per il caschetto per tirarlo via dalla posizione che aveva occupato nella maul, ma la sorpresa per la motivazione dell’espulsione era stata immediata: morso? Io?.
Si sa che con l’arbitro non si può discutere, nemmeno Capitan Torreggiani era riuscito a spiegare la sorpresa, inevitabile la conseguente squalifica, arrivata con l’omologa del risultato: sei mesi di squalifica! A meno che…
A meno che non ti ricordi che il rugby è giocato da gentiluomini, magari non tutti tutti, ma qualcuno si, come il seconda linea del Tarvisium Michele Sutto, che oltre ad essere stato fondamentale quel giorno per la vittoria del Tarvisium sul Vicenza, interpellato a fine gara e successivamente al telefono, ha fatto pervenire una dichiarazione che negava di aver subito un morso nell’azione in questione. Una dichiarazione fondamentale per presentare un ricorso in Federazione, grazie agli avvocati De Silvestri e Beccaro che sono andati a discutere la squalifica a Roma.
Il ricorso è stato accolto, il verbale di gara dichiarava appunto come Sutto avesse subito il morso, e così la squalifica è stata ridotta a tre settimane, concluse con questa domenica di Pasqua e domenica Damiano sarà di nuovo in campo. Tra qualche settimana incontreremo di nuovo Tarvisium, i due si troveranno di nuovo di fronte, da avversari, ma sappiamo già che sarà uno scontro duro, magari anche falloso, ma fra gentiluomini.
Grazie a Michele Sutto e alla Ruggers Tarvisium.